Il naturale da ritrovare di Eleonora Fiorani | Animali - Casa Museo Boschi Di Stefano
Il naturale da ritrovare di Eleonora Fiorani | Animali
Riprende da questo weekend la pubblicazione a puntate del volume inedito "Il naturale da ritrovare" di Eleonora Fiorani con la nuova sezione dedicata agli animali, stavolta con illustrazioni inedite di Ugo La Pietra.
I nuovi capitoli ci accompagneranno per tutta la durata della mostra omonima, visitabile presso la ex scuola di ceramica di Casa Museo Boschi Di Stefano.
Vi auguriamo buona lettura (di nuovo) e vi aspettiamo in museo!
La città dovrebbe essere un luogo dalle molte appartenenze e un luogo dell’incontro con l’altro e trasmettere quindi un senso comunitario di partecipazione e di un dimorare collettivo ai fini dell’integrazione con l’ambiente e con gli altri. Solo la costituzione dell’altro dentro di noi, ospitando l’alterità e l’altrove, accogliendolo e apprezzandolo nei suoi valori, ci consente di scoprire ciò che a noi manca o ciò che abbiamo perso e di far nostri i valori di altri popoli, di altre specie e di ritrovare la nostra umanità, natura, storia.
Inoltre i problemi che stanno diventando drammatici e irresolubili, dall’inquinamento delle acque allo smaltimento dei rifiuti, alla caoticità del traffico pongono in primo piano il nostro rapporto con la natura e il nostro posto in essa e pongono in questione la centralità antropocentrica che caratterizza la nostra cultura. E dobbiamo cominciare a considerarci cittadini e abitanti della biosfera (...)
Le forme più antiche a noi note e la stessa arte rupestre ci rimandano all’Africa australe, nella Namibia (grotta Apollo 11) e nell’altopiano della Tanzania. Qui grotte e grotticelle coperte di pitture in diversi stili sono affascinanti tracce e straordinarie testimonianze dei cacciatori arcaici, dei cacciatori evoluti, dei raccoglitori, dei pastori. Esse si aggiungono a quelle note da tempo del complesso franco cantabrico (di Lascaux, Altamira, Niaux, Les Combarelles, Les Trois Frères, L’Abri Blanchard, Laussel) e a quello mitteleuropeo e a quello ucraino.
Si ritiene oggi che tali grotte siano santuari, cioè luoghi depositari delle credenze religiose e culturali e forse delle pratiche magiche e di iniziazione e dunque dobbiamo intendere le grandi figurazioni o complessi di animali e simboli che li accompagnano come racconti di miti e anzi come una complessiva immagine del cosmo. All’inizio si tratta di segni che sono “ritmi” e non (...)
L’animale è infatti per l’uomo una sorta di specchio, di alter ego in cui proiettare vizi e virtù e caratteristiche umane, un modo di esorcizzare o di ritrovare la propria animalità, mentre anche apre alla presenza dell’altro: animale, pianta, essere umano, cultura, civiltà, e quindi a un universo di diversità a cominciare da quella di natura e cultura. E invita a nuove modalità d’essere e di pensare il mondo e a nuovi comportamenti.
È ciò che dicono i Bestiari, appartengono al territorio del sacro come tutti quelli che le diverse società considerano diversi e pertanto i mostri, gli alieni, in cui rientrano anche quelli umani: i nani, i gobbi, gli storpi, i ciclopi in un immaginario popolato di esseri e animali reali e fantastici, idre, draghi, orchi, in cui rientra tutto ciò che fuoriesce dall’idea e dall’immaginario di ciò che le diverse culture e società considerano normale, e cioè se stesse, e che pertanto, per la sua diversità, viene anche per lo più fatto oggetto di persecuzioni e violenze. Il mostro, infatti (...)
Nelle civiltà altre nostre contemporanee troviamo una relazione complessa tra un mondo interconnesso di potenze come la Signora e il Signore degli animali, il dio del cielo e delle acque e i valori relativi all’ambiente: tutto è teso a creare un rapporto di partecipazione, di simpatia e di affetto tra sé e il mondo circostante in una com-unione-com-unicazione. In esse la caccia implica una connivenza tra i cacciatori e la madre della selvaggina. Così ogni attività è un commercio con un mondo dominato da potenze o spiriti che occorre sedurre, incantare, impietosire, costringere e con cui occorre venire a patti o vincerle con l’astuzia. È un saper fare simbolico e rituale, sottoposto all’obbligo della moderazione nel prelevamento e nell’utilizzazione.
Inoltre in esse la caccia implica una connivenza tra i cacciatori e la madre della selvaggina che permette (...)
L’uomo delle società altre non conosce gesto che non sia stato ripetuto da un altro che non era un uomo. E non si tratta di un affidamento alla tradizione, ma è un tornare a sentire come hanno sentito i padri, gli antenati, gli esseri primordiali e garantire così la continuità e successione della comunità umana e del mondo insieme ad essa. Nel rito i gesti riproducono un atto primordiale e ripetono un esemplare mitico. Tale è l’offerta alle potenze della foresta, del mare, del cielo e ai morti (...)
C’è un rapporto di vicinanza e di lontananza tra l’uomo e gli animali, che appare nelle strutture simboliche della rappresentazione e delle nominazione e anche nei racconti mitici e nelle classificazioni ordite dalla scienza. Con essi ogni cultura stabilisce le modalità in cui vengono pensati i rapporti tra gli uomini e gli animali appartenenti al suo ambiente fisico e simbolico e così regola la propria condotta. Le classificazioni variano ovviamente nel tempo e nello spazio, ma conducono sempre a raggruppamenti che sottintendono rapporti di vicinanza e di lontananza (...)
C‘è una forma antica e trascurata di domesticazione degli animali che gli antropologi chiamano maternaggio. L’immagine di una donna che allatta al seno un orso, un cane, un porco – e sono solo i casi più diffusi – ci sorprende e ci inquieta e rivela una promiscuità che rimette in questione l’alterità tra l’uomo e l’animale posta dalla cultura occidentale e mostra che tale alterità è un prodotto della cultura occidentale e non della cultura e che da essa proviene l’identificazione del femminile con il naturale, con il primitivo e con il selvaggio. Siamo inoltre rimandati a un tabù (...)
Se volgiamo il nostro sguardo alla pesca simbolica nelle mares per i Masa, una delle quattro popolazioni del Nord del Camerun e del sud del Ciad che abitano le pianure alluvionate del Longone, dal cui regime dipende una ricca rete idrografica, troviamo che in essa sono presenti le relazioni che interconnettono le diverse attività economiche, l’allevamento, l’agricoltura, la pesca. Per i Masa l’acqua presenta più volti o aspetti: distinguono, infatti, tra l’acqua celeste e l’acqua terrestre (...)
Il serpente è uno dei simboli più importanti dell’immaginario. Del culto a lui dedicato troviamo tracce in occidente nella Madonna delle Grazie di Luco che gioca con il serpente e nella festa dei serpenti di Santa Cristina a Bolsena. Il serpente infatti muta la pelle restando se stesso e condensa in sé il triplice simbolo della trasformazione e del ciclo temporale, della fecondità e della perennità ancestrale.
Il serpente, insieme al leone è uno dei tre simboli chiave dell’iconografia romanica, da cui derivano il basilisco e il dragone muniti di ali (...)
Una stretta parentela collega il simbolismo taurino, il simbolismo equestre e i simboli bovini. Il toro svolge lo stesso ruolo immaginario del cavallo con cui condivide la natura ctonia e come lui è un simbolo astrale indifferentemente solare o lunare. Osiride e Sin, il grande dio mesopotamico, sono dei lunari dalle forme taurine e le dee lunari taurocefale portano tra le loro corna l’immagine del sole. Le corna dei bovini sono il simbolo delle corna della falce della luna o il falcetto del tempo Cronos (...)
È allo schema dell’animato e alle sue manifestazioni che vanno riferiti per Durand i simboli animali. Anzitutto al formicolio quale simbolo dell’agitazione, del brulichio nei modi in cui Dalí in numerose opere ha collegato il brulichio alla larva. «Per la coscienza comune ogni insetto, ogni parassita è una larva». Tali sono le cavallette e le rane, le piaghe dell’Egitto, i vermi, i ragni, i serpenti, i sorci, i topi. Incarnano la “repugnanza primitiva davanti all’agitazione”, l’angoscia nei riguardi del mutamento, della partenza senza ritorno e della morte. In questo senso l’animazione è, come aveva già sostenuto Bachelard, una forma dell’archetipo del caos, del caos come mutamento (...)
I Bestiari sono una presenza che continuamente ritorna trovando nuove forme espressive nei linguaggi dei media e in opere artistiche, a partire dalle favole di Esopo, che hanno attraversato la storia e sono state tramandate, imitate e commentate nei più diversi modi. Esse appartengono e sono espressione, secondo ciò che afferma Hegel nell’Estetica, dell’arte simbolica, che precede quella classica e quella romantica, ed è pertanto caratterizzata da sproporzione e disequilibro tra forma e idee, traendo dalla declinazione della natura animale un insegnamento generale per l’esistenza umana sull’etica e sull’agire in un evento colto nella sua reale esistenza. In esse infatti nella visione hegeliana il tipico si declina con l’universale e la singolarità. Le successive versioni e i commenti delle favole esopiane vi hanno invece dapprima messo in evidenza pensieri (...)
Anche l’immagine del topo è mutata: è infatti un’identità complessa che vive nel “terzo spazio” transculturale, da Topolino di Disney ai topi di Hanna & Barbera e al topo gourmet. È in questo spazio che vivono i “rat”, gli stencil di topi, che Banksy, un artista della Street art che in un’epoca in cui tutti tentano di essere famosi ha scelto l'anonimato (...)
La continua interferenza tra l’uomo e l’animale anche in luoghi insospettati, come può esserlo la moda, segnala la permanenza, nel pensiero moderno non meno che nel pensiero mitico, della complicità e differenza con il mondo animale, essenziale a istituire l’ordine simbolico che organizza il mondo. È l’animale selvaggio che negli immaginari di primo Novecento evoca il corpo di Joséphine Baker che danza a seni nudi con i fianchi stretti in una cintura di banane e cammina per le vie degli Champs Elisées con un leopardo al guinzaglio (...)
Gli studi antropologici hanno mostrato che la domesticazione degli animali costituisce l’archetipo di ogni forma di subordinazione da cui è possibile partire per aprire a una visione che comprenda nell’idea di civiltà tutti i viventi mettendo anzitutto in questione il concetto stesso di domesticazione. Le diverse condizioni ecologiche, i diversi manti vegetali e configurazioni territoriali del passaggio dalla caccia e raccolta all’agricoltura e all’allevamento sono infatti alla base della contrapposizione delle forme di civiltà (...)
C’è una contrapposizione netta tra il modo in cui la società moderna attua il suo processo di domesticazione e quello delle società del passato o “altre”. La società moderna infatti opera attraverso quattro tipi di relazione: la visuale, la zoofila, la sperimentale, l’economica. E ciascuna di queste relazioni ha un proprio luogo differenziato: il parco-zoo, la casa, il laboratorio, la fabbrica. Le prime due hanno una funzione che in qualche modo ha a che fare con l’immaginario, le altre una seccamente utilitaria. È l’elemento utilitario ad essere dominante nell’ottica occidentale e a differenziare le nostre società dalle società altre (...)