Speciale Boschi Di Stefano - Alberto Savinio - Casa Museo Boschi Di Stefano
Speciale Boschi Di Stefano - Alberto Savinio
Il dipinto firmato «Savinio» in basso a destra e intitolato in basso al centro «L’Algérie prehistorique» fa parte del primo nucleo di opere collezionate già da Francesco Di Stefano. L’opera viene presentata per la prima volta nella mostra personale organizzata presso la Galleria Milano nel capoluogo lombardo nel 1933. Con buona probabilità viene acquistata in quell’occasione dal padre di Marieda Di Stefano insieme alla celebre Annunciazione. Il quadro passa in eredità nel 1938 e entra a far parte delle collezioni civiche nella donazione del 1974. La personale di Savinio alla Galleria Milano si inaugura il 19 marzo e subito viene recensita positivamente sulle pagine del «Corriere della Sera» da Vincenzo Bucci, da George Waldemar sul «Corriere Padano» e da Carlo Carrà su «L’Ambrosiano». La recensione di Waldemar ha una certa fortuna e viene ripubblicata su «Le arti plastiche» e in francese su «Formes». Questa occasione segna il rientro in Italia di Savinio da Parigi, dove dal 1927 soggiorna stabilmente intrattenendo rapporti con diversi artisti italiani. La Galleria Milano, animata da Vittorio Emanuele Barbaroux, è piuttosto attiva nella promozione degli artisti italiani residenti a Parigi e Savinio partecipa già nel gennaio 1930 a una collettiva insieme a Campigli, De Pisis, Paresce, Severini e Tozzi.
Il dipinto è messo in relazione con il viaggio in Algeria del pittore e alla realizzazione della tela per la sede del governatorato francese di Skikda. Secondo quanto riportato, la realizzazione dell’opera algerina si colloca nei primi mesi del 1933, dopo gli impegni della mostra collettiva di Torino aperta il 18 ottobre 1932 e la personale di Firenze del 3 dicembre 1932, oppure a seguito della già citata esposizione milanese nel marzo 1933 e della V Triennale inaugurata a maggio, ma sicuramente entro il 1 luglio 1933 quando Savinio pubblica i suoi ricordi di viaggio su «La Nazione». Sebbene il titolo dell’opera milanese si riferisca all’allora colonia francese, non si trova un rapporto diretto tra i due lavori. L’Algérie prehistorique presenta, indipendentemente dal viaggio e dalla commissione algerina, tematiche e modelli già sperimentati all’interno dell’esperienza parigina. L’ambientazione marina del dipinto è vicina alla formulazione della tematica dell’isola, che dal 1931 appare come forma autonoma. Lo sfondo di palme e felci si riscontra in altre opere dell’autore come Souvenir d’un monde disparu e L’isola portatile. Nel solco tracciato già da Max Ernst, il paesaggio naturale presenta forti analogie con le illustrazioni di carattere scientifico presenti in pubblicazioni francesi e italiane. Il prelievo da queste opere non è per Savinio un riferimento puntuale, ma elementi provenienti da epoche e culture diverse si fondono in un continuo temporale. La presenza del leone Fu, che emerge dalla flora preistorica, ricorda lo sviluppo a Parigi di un interesse collezionistico e commerciale per manufatti di arte orientale. Nel 1931 si svolge a Parigi l’Exposition coloniale internationale, con un’ampia sezione dedicata all’oriente. Il gallerista e collezionista Léonce Rosemberg sviluppa, come il padre Alexandre Rosemberg, un interesse per il commercio di arte orientale. Infine, in primo piano si adagia sulla spiaggia una figura femminile, plastica e senza volto, con il braccio sinistro che si fonde con lo scoglio biancastro. Tale figura ha una certa fortuna e si ritrova anche nella pittura murale Africa italiana, realizzata per la V Triennale di Milano, dove il paesaggio marino è sostituito da un’architettura in pietra ad arco.
Testo a cura di Matteo Grassi