Incontri e ricordi – Lucio Fontana - Studio Museo Francesco Messina
Incontri e ricordi – Lucio Fontana
Gli artisti si muovono in una rete di relazioni personali e professionali, capaci di influenzarne anche la ricerca e le opere.
A chiudere la sua autobiografia “Poveri giorni”, edita nel 1974, Francesco Messina inserisce dei brevi racconti dedicati ad alcune figure del mondo dell’arte – scultori, pittori, poeti – con cui aveva intrecciato amicizie sincere, rapporti artistici e collaborazioni: “Incontri e ricordi”.
Oggi approfondiamo il sodalizio con Lucio Fontana, esplorando i legami e le influenze che hanno caratterizzato il loro rapporto.
Lucio Fontana (1899-1968) è considerato uno dei maggiori artisti e innovatori del Novecento: i suoi celebri “buchi” e “tagli” –chiamati “Concetto Spaziale” e “Concetto Spaziale. Attese” –
superano la bidimensionalità tradizionale della tela per esplorare lo spazio e il vuoto.
La sua produzione spazia dalla scultura commemorativa e monumentale alla ceramica, fino alla creazione di “ambienti spaziali”, interventi ambientali, anche di grandi dimensioni, capaci di anticipare alcune delle istanze dell’arte del Secondo Novecento.
Nell’autobiografia “Poveri giorni”, Messina ricorda i frequenti incontri e gli scambi con l’amico e collega, nel racconto intitolato “Umanità di Fontana”, incominciando dagli esordi.
“Lo avevo conosciuto molti anni prima quando, ancora figurativo, ci diede esempi di scultura tradizionale di ottima impostazione post-impressionistica. Vinse alcuni tra i premi più importanti di quel tempo e, se la memoria non mi gioca scherzi, credo di avergliene assegnato qualcuno, nella mia qualità di direttore dell’Accademia di Brera, per la carica, sovente dovevo presiedere commissioni giudicatrici.”
In diversi passaggi del racconto, Messina sottolinea l’importanza di questa relazione, non solo per le ricadute nella sua carriera, ma anche sotto il profilo umano. La scelta del titolo non è quindi casuale.
Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale sono particolarmente difficili per Francesco Messina che, dopo la caduta del regime fascista, vive in un isolamento quasi totale, sia umano che artistico.
Anche in questo momento, il rapporto con Lucio Fontana, appena rientrato dall’Argentina, rimane stretto.
È proprio Fontana, per esempio, a spronarlo a salvare e a fondere in bronzo alcuni gessi, gravemente danneggiati durante la guerra e abbandonati alle intemperie.
“Volle vederle da vicino. Erano già rose dalle piogge e dal gelo e io le consideravo perdute. Le esaminò attentamente e poi mi rimproverò, accorato: “Sei proprio diventato matto? Lasciandole ancora alle intemperie le perdi definitivamente. Sono tra le tue opere più importanti che io conosca. Devi farle fondere subito e, se non hai i soldi, te li do io.” Lo ringraziai con un abbraccio. Le opere vennero fuse.”
Allo stesso modo, è Fontana a suggerire a Messina di realizzare un suo ritratto in occasione di una mostra organizzata a Buenos Aires nel 1947, certo che avrebbe riscosso successo. Il ritratto infatti è prontamente venduto, contribuendo al successo dell’esposizione che Messina considera un momento di svolta e rinascita personale e professionale.
“Quando poi egli seppe che avevo in programma una mostra a Buenos Aires, mi consigliò di fargli il ritratto, perché era certo che se lo avessi esposto, subito lo avrei venduto a una delle tante ammiratrici che aveva nella capitale argentina. E fu così.”
Messina ricorda poi come Fontana, dopo la mostra a Buenos Aires, abbia continuato a sostenerlo e a preoccuparsi per la sua carriera, esortandolo persino ad abbandonare lo stile figurativo “cocciutamente estraneo alle correnti” in favore di ricerche e linguaggi più contemporanei.
Nel 1968 Fontana muore, e Messina lo ricorda con affetto chiudendo il suo racconto:
“Oggi di Lucio Fontana, celebre in tutto il mondo, mi resta l’immagine viva e profondamente umana di un collega svagato dal mio mondo e il rimpianto che uomini come lui si facciano sempre più rari.
Vorrei rendere omaggio ai suoi buchi facendone qualcuno anch’io. Lì farò ma, temo, nell’acqua.”