Cos'è l'amministrazione condivisa dei beni comuni? Come funziona?
L'amministrazione condivisa dei beni comuni è un rapporto di collaborazione tra cittadini attivi e Amministrazione comunale, posti sullo stesso piano, che dà attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale, scolpito dall’art. 118 della Costituzione, ultimo comma:
“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”
Questo rapporto è istituito dal Regolamento comunale recante la disciplina per la partecipazione dei cittadini attivi alla cura, alla gestione condivisa e alla rigenerazione dei beni comuni urbani e si concretizza mediante l’istituto, specificamente disciplinato, dei patti di collaborazione.
Cosa significa “beni comuni”?
Sono beni comuni tutti gli elementi che compongono l’ambiente urbano, quando diventano oggetto di cura da parte dei cittadini. Possono appartenere al demanio o patrimonio del Comune; ad altri enti pubblici; a soggetti privati. Negli ultimi due casi l’iniziativa dei cittadini deve avere il consenso dei legittimi proprietari. Possono diventare beni comuni, allo stesso modo, anche oggetti immateriali –vedi oltre, nella sezione “patti speciali”.
Chi sono i “cittadini attivi”?
Possono esercitare il diritto all’iniziativa, orientata alla sussidiarietà orizzontale, singoli cittadini, comitati, anche informali, associazioni, fondazioni, soggetti economici, i minori, sotto la responsabilità dei genitori, e le persone ammesse dall’ordinamento giudiziario a forme alternative di esecuzione della pena.
Finalità dell'amministrazione condivisa:
- elevare la qualità dell’ambiente urbano, a beneficio di tutta la comunità residente.
- promuovere reti di soggetti attivi, mettere a fattor comune le energie diffuse, favorire l’inclusione e il protagonismo di cittadini, associazioni, gruppi informali.
Patti di collaborazione, semplici principi:
- Le attività svolte dai cittadini attivi con i patti di collaborazione sono una espressione di volontariato autonomo e indipendente, e non hanno fini di lucro.
- Le attività svolte dai cittadini attivi non sostituiscono le attività di ordinaria competenza del Comune, ma producono un valore sociale che si aggiunge al livello esistente di qualità ambientale.
- Lo spazio amministrato come bene comune non viene conferito in uso esclusivo, ma conferito in adozione. Esso viene gestito dai cittadini attivi a favore di tutta la comunità residente (uso collettivo); ma è sempre possibile che nuovi soggetti si aggiungano alla gestione dello spazio, se in grado di apportare un contributo nuovo e coordinabile con le finalità stabilite nel patto iniziale, entrando fra i sottoscrittori.
- Al fine di raccogliere il più ampio concorso di forze nella comunità, la proposta di un patto di collaborazione è presentata ai cittadini mediante un avviso pubblico. L’avviso non genera una selezione, ma un processo di confronto inclusivo tra le proposte raccolte, per realizzarle in modo coordinato e complementare.
- Il patto di collaborazione esprime una forma organica di cooperazione con i cittadini, poiché il Comune non solo riconosce il valore pubblico della loro iniziativa, ma integra queste iniziative negli interessi generali che esso persegue diventando co-produttore delle attività stipulate.
- Il Comune sostiene queste iniziative non con sovvenzioni finanziarie dirette, ma con risorse materiali –- affidate ai cittadini attivi- e con agevolazioni procedurali.
- Il patto di collaborazione ha durata massima di tre anni; a scadenza non può essere rinnovato alle stesse condizioni, ma può essere riprogettato con contenuti innovativi.